lunedì 18 luglio 2011

Pubblici Ufficiali e di P.G. che non denunciano ......



Da "Diritto all'Ambiente" riportiamo un articolo chiaro e ben fatto del Dr. Santoloci, la cui lettura, sicuramente gioverà
a buona parte del nostro personale tecnico e dirigente.

Commenti a fine articolo.

Prassi di fatto diffuse e procedure penali formali

Un pubblico ufficiale ed un organo di polizia giudiziaria che non denunciano un reato e non impediscono la sua prosecuzione, concorrono con gli autori primari del reato stesso sulla base dell’art. 40 comma II del Codice Penale?A cura del Dott. Maurizio Santoloci

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Un pubblico ufficiale (senza funzioni di polizia giudiziaria) sulla base del codice di procedura penale ha l’incontestabile dovere di segnalare al pubblico ministero (oppure ad un organo di polizia giudiziaria) qualsiasi reato del quale venga a conoscenza nell'ambito dell'esercizio delle sue funzioni. L’art. 331 del Codice di Procedura Penale (“Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio”) prevede che “1) Salvo quanto stabilito dall'articolo 347 (ndr: l’obbligo per la polizia giudiziaria di inviare la comunicazione di notizia di reato al PM), i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito. 2) La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria.”Questo concetto vale – naturalmente – anche per tutti i pubblici ufficiali (senza funzioni di PG) che operano nelle varie pubbliche amministrazioni di competenza nei settori della tutela ambientale, rifiuti, acque, edilizia e vincoli, animali.Parallelamente, un organo di polizia giudiziaria (agente o ufficiale) ha il dovere primario di impedire che un reato da lui percepito venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato e contestualmente di inviare al PM la comunicazione di notizia di reato.
Consegue dunque, ad esempio, che un tecnico ARPA senza funzioni di polizia giudiziaria, ma in quanto comunque pubblico ufficiale, ha il dovere irrinunciabile di denunciare - come sopra evidenziato – al PM o alla PG  qualsiasi reato di propria competenza operativa (soprattutto in materia di rifiuti ed acque) del quale è venuto a conoscenza nell'ambito oppure a causa delle sue funzioni; mentre un tecnico ARPA con funzioni di ufficiale polizia giudiziaria ha il dovere irrinunciabile di impedire che un reato da lui percepito e rientrante nella sua competenza venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato e - poi - di denunciare tale illecito penale al PM con la comunicazione di notizia di reato rituale.Consegue, sempre ad esempio, che un veterinario ASL con funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria ha il dovere irrinunciabile di impedire che un reato da lui percepito, e rientrante nella sua competenza (reato del quale venga comunque a conoscenza in materia di maltrattamento a danno degli animali, inclusi naturalmente i casi inerenti il trasporto, la macellazione, e comunque ogni altra attività sottoposta al suo controllo professionale) venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato e - poi - di denunciare tale illecito penale al PM con la comunicazione di notizia di reato rituale. Nella ipotesi teorica, da alcuni sostenuta e da noi non condivisa, di un veterinario ASL senza funzioni di PG, ma comunque incontestabilmente pubblico ufficiale, conseguirebbe in ogni caso il dovere irrinunciabile di denunciare - come sopra evidenziato - al PM o alla PG  qualsiasi reato a danno degli animali di propria competenza operativa del quale è venuto a conoscenza nell'ambito oppure a causa delle sue funzioni.
Nel caso di un tecnico comunale, pubblico ufficiale, sussiste analogamente il dovere primario di denunciare al PM o alla PG  qualsiasi reato in materia edilizia e vincolistica del quale è venuto a conoscenza nell'ambito oppure a causa delle sue funzioni.
Potremmo continuare a lungo in questo elenco esemplificativo.
Un pubblico ufficiale – dunque – ha l’obbligo di denuncia immediata del reato; e la finalità di tale denuncia – evidentemente – non è meramente e asetticamente formale e notarile, ma nella “ratio legis” della norma appare evidente la finalità logica di poter attivare il PM o la PG in primo luogo per impedire la prosecuzione del reato (attività operativa che il pubblico ufficiale senza funzioni di PG naturalmente non può porre in essere).Un organo di polizia giudiziaria ha il dovere primario non solo di denuncia di un reato del quale viene a conoscenza, ma prima ancora di giungere a tale irrinunciabile dovere deve - logicamente - impedire che il reato medesimo venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato (altrimenti non avrebbe senso una polizia giudiziaria, la cui finalità principale operativa è appunto quella di inibire la continuazione di ipotesi penalmente rilevanti, che si limiti esclusivamente a segnalare al pubblico ministero il reato percepito e nel contempo consenta indirettamente a tale reato di proseguire in modo indisturbato…).Come si vede, la finalità di impedire la prosecuzione e/o reiterazione del reato è comunque comune ai doveri connessi ad ambedue le funzioni, seppur con diverse operatività.
Prevedere la perseguibilità penale di un fatto-reato e - nel contempo - consentire per principio che quel fatto-reato continui ad esistere ed evolversi in modo indisturbato sarebbe una contraddizione veramente palese ed illogica a livello pratico del nostro sistema giuridico, e proprio per evitare tali conseguenze il P.U. e la P.G. sono posti nel dovere – diverso ma parallelo – di attivare in ogni caso un meccanismo di intervento/denuncia per spezzare l’antigiuridicità penalmente rilevante dei fatti-reato individuati nelle rispettive e diverse funzioni e ruoli. Si tratta di un dovere irrinunciabile, non di una scelta opzionale e discrezionale dei due organi in questione. Non ottemperare a questo dovere significa, in ambedue i casi seppur con ruoli e funzioni diverse, agevolare indirettamente la prosecuzione e/o reiterazione del reato.  Va – inoltre – aggiunto che questo dovere è trasversale e vale per tutti gli organi di polizia giudiziaria statali e locali senza alcuna distinzione di "ruoli", "regolamenti" o “atti di indirizzo”  interni che non hanno alcuna rilevanza rispetto alla regola-base del codice di procedura penale. Riteniamo che sia ormai noto e palese (ed incontestabile) che i reati a danno dell'ambiente, della salute pubblica e degli animali sono di competenza delle forze di polizia statali e locali senza che nessuno possa dichiararsi mai "incompetente" per nessun motivo (un mancato intervento per presunta “incompetenza” di fronte ad uno di questi reati è a nostro avviso puramente omissivo).[1]Dovere assolutamente identico (impedire che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato, e poi inoltrare la comunicazione di notizia di reato al pubblico ministero) incombe  anche sugli organi di polizia giudiziaria che rivestono tale funzione non in quanto corpi di polizia in senso stretto, ma quali tecnici appartenenti a diverse pubbliche amministrazioni e per i quali venga riconosciuta la funzione di polizia giudiziaria.
Per essere più chiari ci riferiamo, dunque, ai tecnici ARPA con funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria, ai veterinari ASL con funzioni di polizia giudiziaria, a tutti quei tecnici amministrativi appartenenti alle varie amministrazioni statali, regionali o comunali ai quali il codice procedura penale individui, attraverso diverse leggi di attribuzione, le funzioni di polizia giudiziaria.

Dal nostro modesto punto di vista, tra un ufficiale di polizia giudiziaria di forza di polizia ed un tecnico amministrativo con funzioni di  ufficiale polizia giudiziaria non si individua assolutamente alcuna differenza ai fini procedurali per il dovere di impedire che il reato venga portato ulteriori conseguenze e/o reiterato e di denunciare il medesimo pubblico ministero.
Cosa unisce, dunque, un pubblico ufficiale senza funzioni di polizia giudiziaria, un organo di polizia giudiziaria statale o locale "in divisa" ed un tecnico della pubblica amministrazione al quale l’ordinamento riconosce le funzioni di polizia giudiziaria?  Certamente, il dovere dei tre citati organi di denunciare il reato al pubblico ministero competente. Per il dovere di impedire la prosecuzione e/o reiterazione del reato, a nostro avviso per gli ultimi due tale onere è dinamico ed operativo, nel senso che devono comunque agire “manu militari” ed intervenire direttamente per spezzare la prosecuzione della situazione antigiuridica rilevata; mentre per il pubblico ufficiale senza funzioni di PG seppur – logicamente – non sussiste tale obbligo e possibilità, va comunque rilevato e sottolineato che il dovere di denuncia al PM o ad un organo di PG è certamente finalizzato anche a promuovere un’azione inibente per la prosecuzione e/o reiterazione del reato da parte di questi ultimi: quindi – in definitiva – la doverosa e tempestiva denuncia del P.U. sortisce comunque – anche se indirettamente – l’effetto di favorire un intervento per bloccare la prosecuzione del fatto penalmente illecito (di conseguenza, una omessa denuncia sortisce l’effetto di non contribuire – anche se indirettamente – ad impedire l’ulteriore evolversi dinamico del reato).Riteniamo che tali punti sono alla base delle regole del codice di procedura penale per i pubblici ufficiali e gli operatori di polizia giudiziaria a qualunque corpo o amministrazione appartengano,  ed analogamente ribadiamo che che i reati in materia ambientale, a danno della salute pubblica ed a danno degli animali non sono stati derogati dalle regole generali del codice di procedura penale e sono di competenza trasversale senza che qualcuno possa sostenere deroghe, eccezioni o "incompetenze" di sorta. Precisate tali premesse, dobbiamo adesso rilevare che l'articolo 40 secondo comma del codice penale recita: “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale e cagionarlo.”Adesso ci chiediamo: un pubblico ufficiale senza funzioni di polizia giudiziaria, che opera in settori di competenza in materia di ambiente, salute pubblica ed animali, e che nota un reato insistente in tali settori,  non ha il dovere primario di impedire che tale evento-reato prosegua nella sua antigiuridicità attraverso la denuncia al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria? Secondo interrogativo: un agente o un ufficiale di polizia giudiziaria statale o locale "in divisa" ed un tecnico amministratico con funzioni di polizia giudiziaria in materia ambientale, tutela della salute pubblica e tutela degli animali non hanno tutti, a maggior ragione, il dovere di denunciare reati in queste materie al pubblico ministero, ed ancora prima di agire direttamente per impedire che tale evento-reato prosegua nella sua antigiuridicità?Riteniamo che la risposta a queste due domande non possa che essere positiva. Sarebbe infatti perfettamente illogico il principio in base al quale un pubblico ufficiale competente nelle materie che stiamo esaminando (ambiente, salute pubblica, animali) singolarmente possa entrare in deroga rispetto ai principi generali dei doveri del pubblico ufficiale previsti dal Codice di Procedura Penale e così, mentre tutti gli altri pubblici ufficiali conserverebbero il dovere di denuncia di un reato al PM o alla PG,  analogo dovere non sussisterebbe per le categorie di reati in esame… Sulla base di quale regola procedurale e sostanziale potrebbe esistere questa deroga non ci è chiaro, anche se per prassi in molti casi questa deroga è di fatto attiva e vigente nel mondo delle cose reali quotidiane. Ma non esistendo in realtà questa deroga, riteniamo che il dovere di denuncia del P.U. sussiste per tutti i reati, ivi compresi naturalmente quelli in materia ambientale, salute pubblica  ed a tutela degli animali.Naturalmente anche per gli organi di polizia giudiziaria - a maggior ragione – è valido il concetto che stiamo esaminando, perchè a nostro modesto avviso non ritroviamo in nessuna parte né del codice di procedura penale né del codice penale né in nessuna legge speciale una deroga in base alla quale le tre tipologie di reati sopra citati (ambiente, salute pubblica, tutela animali) possano essere derogati rispetto al dovere primario trasversale della polizia giudiziaria (statale e locale) di impedire che un reato venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato (e nel contempo denunciato all'attenzione del pubblico ministero competente).Sulla base delle concettualità che abbiamo fino adesso esposto, ci appare logico che un pubblico ufficiale senza funzioni di polizia giudiziaria competente in materia di reati di ambiente, salute pubblica animali che, percepito un reato rientrante nelle sue funzioni, non denunci subito il reato medesimo ad un corpo di polizia o direttamente al pubblico ministero, vada incontro al concorso con gli autori primari nel contesto del reato medesimo sulla base dell’art. 40 secondo comma Codice Penale per non aver impedito l’evento-reato che aveva il dovere di impedire (tramite la citata denuncia al PM o alla PG); diventando - sostanzialmente - complice e concorrente per rispetto alla realizzazione del reato medesimo.Analoga conclusione, sempre a maggior ragione, può essere tratta per un organo di polizia giudiziaria statale o locale e per un tecnico della pubblica amministrazione che rivesta funzioni di polizia giudiziaria il quale, notato un reato nelle tre materie sopra citate e di sua competenza, non intervenga in primo luogo per spezzarne il divenire e poi per denunciare lo stesso pubblico ministero. Anche in questo caso – a nostro avviso -  tale organo di polizia giudiziaria diventerebbe sostanzialmente concorrente nel reato medesimo al livello degli autori primari tale reato ed in concorso con loro sulla scorta dell’art. 40 secondo comma Codice Penale.Questa nostra chiave di lettura può sembrare forzata, ma riteniamo che sulla base delle regole sostanziali e procedurali che abbiamo sopra delineato si basi su una costruzione giuridica logica e coerente.
Peraltro, in questo senso registriamo una prima importante e rilevantissima conferma da parte della Corte di Cassazione che si è certo che si è già pronunciata proprio su questo tema specifico.
Ricordiamo infatti, che Cassazione Penale - Sez. 3, Sentenza n. 3634 del 2011 – Pres. Ferrua – Rel. Santi Gazzara  ha riconosciuto la possibilità di irrogare un provvedimento intedittivo a carico di due alti funzionari di un’ ARPA regionale i quali avevano notato un reato di gestione di discarica abusiva all’interno di una struttura, ma in quanto pubblici uffuciali (senza le funzioni di polizia giudiziaria) hanno comunque evitato di inoltrare la relativa denuncia alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero. In questo caso la Cassazione, ha formalmente riconosciuto in capo ai due funzionari ARPA il concorso nella realizzazione del reato di realizzazione di discarica abusiva in parallelo gli autori primari tale reato sulla scorta dell’art. 40 secondo comma Codice Penale.Su questo importante sentenza ci siamo già ampiamente espressi con un articolato di  commento pubblicato sulle pagine di questa nostra testata giornalistica on line.[2]
Quindi, come si vede la tesi che andiamo esponendo non appare teorica e filosofica, ma in qualche modo già sostanzialmente attuata e resa  fruibile a livello operativo da una condivisibile pronuncia del Supremo Collegio.
Riteniamo -  dunque – che ormai non sia più tempo di sottacere situazioni similari e di dover chiaramente argomentare che in caso di inattività da parte di un pubblico ufficiale o di un organo di polizia giudiziaria nei confronti di un reato in materia ambientale, di salute pubblica oppure a danno gli animali, laddove non si attivino le necessarie denunce e, secondo i casi che abbiamo sopra visto, i necessari interventi per impedire che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze (e tra gli strumenti primari  connessi, il sequestro preventivo è finalizzato proprio a tale specifico scopo), le conseguenze ipotizzabili sono anche da ricomprendere nel citato alveo del secondo comma dell’art. 40 Codice Penale.Come accennato, in alcuni casi il sequestro preventivo di iniziativa di un ufficiali di polizia giudiziaria (“in divisa” o tecnico amministrativo ARPA con funzioni di ufficiale di PG[3]) è – in questo contesto – uno strumento di fatto irrinunciabile per impedire che un reato venga portato ad ulteriori conseguenze. Si veda – a titolo di esempio – un trasporto di rifiuti pericolosi in totale violazione delle regole connesse ed improntato a integrale illegalità. Cosa si deve fare da parte di un ufficiale di PG per impedire l’evento-reato, e per impedire che lo stesso venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato? Lasciare proseguire il viaggio dopo il controllo a tale veicolo con il proprio carico pericoloso ed illecito, verso una destinazione necessariamente illecita, senza sequestrare il tutto, può ragionevolmente essere conforme al dovere primario della PG di impedire che i reati vengano portati ad ulteriori conseguenze? O significa non impedire un evento-reato che si aveva il dovere di impedire, avendo peraltro a disposizione tutti gli strumenti giuridici e procedurali del caso? E’ corretto in questi casi “rinviare” il sequestro alla competenza del magistrato, atteso che nelle more il carico di rifiuti pericolosi sarà certamente fatto sparire? Ed intercettato su strada un trasporto di animali improntato a palese illegalità con gravi maltrattamenti e sofferenze a danno degli animali, cosa si deve fare da parte di un ufficiale di PG “in divisa” o di un veterinario ASL con funzioni di ufficiale PG per impedire l’evento-reato, e per impedire che lo stesso venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato? Lasciare proseguire il viaggio dopo il controllo a tale veicolo con il proprio carico di animali maltrattati e reato in piena prosecuzione, senza sequestrare gli animali destinatari del maltrattamento, può ragionevolmente essere conforme al dovere primario della PG di impedire che i reati vengano portati ad ulteriori conseguenze? O, anche in questo caso, significa non impedire un evento-reato che si aveva il dovere di impedire, avendo peraltro a disposizione tutti gli strumenti giuridici e procedurali del caso? E’ corretto anche in questi casi “rinviare” il sequestro alla competenza del magistrato, atteso che nelle more gli animali maltrattati saranno stati ulteriormente maltrattati e poi saranno certamente fatti sparire? Ed individuato un cantiere totalmente illecito in area vincolata,  improntato a palese violazioni delle norme edilizie e vincolistiche, cosa si deve fare da parte di un ufficiale di PG per impedire l’evento-reato, e per impedire che lo stesso venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato? Lasciare proseguire i lavori di costruzione dopo il controllo in tale cantiere e reato in piena prosecuzione, senza sequestrare l’area abusiva, può ragionevolmente essere conforme al dovere primario della PG di impedire che i reati vengano portati ad ulteriori conseguenze?Oppure, anche in questo caso, significa non impedire un evento-reato che si aveva il dovere di impedire, avendo peraltro a disposizione tutti gli strumenti giuridici e procedurali del caso?  E’ corretto anche qui in questi casi “rinviare” il sequestro alla competenza del magistrato, atteso che nelle more le gettate di cemento in tale area protetta avranno certamente creato un danno ambientale irreversibile? E potremmo continuare a lungo con altri casi esemplificativi.Riteniamo che – atteso il dilagare di reati ambientali a danno dell’ambiente, della salute pubblica e degli animali – sia ormai inderogabile una riflessione generale sui ruoli e sui doveri di chi è preposto ai controlli e sul reale ed effettivo esercizio di tutti i poteri/doveri concessi (ed imposti) dalle norme per prevenire e reprimere in tempo e efficacemente tali tipologie di illeciti, in primo luogo i grandi crimini ambientali.
Maurizio Santoloci
 Pubblicato il 14 giugno 2011

sabato 16 luglio 2011

Il problema del barbiere e del pane




 
A proposito di problemi autorizzativi legati agli scarichi di attività il cui refluo è da considerarsi “acque reflue domestiche”, ebbi modo, da direttore del servizio di igiene pubblica della ex ASL Napoli 4, di scrivere la nota che riporto di seguito. Il contenuto, anche alla luce del Dlgs 152 / 2006 che ha sostituito il Dlgs 152 / 1999 , risulta ancora perfettamente applicabile.
Di recente, per diversa competenza distrettuale, il Comune di Somma Vesuviana è stato aggregato ad altra UOPC i cui dirigenti e tecnici hanno avuto ed hanno un diverso comportamento, in sede di vigilanza, dettato da diversa interpretazione della normativa.
In assenza di indirizzo e di indicazioni sulle procedure da adottare per uniformare i comportamenti del personale delle UU.OO.P.C. , ognuno fa come gli pare!! Ne deriva che quelle attività da me considerate in regola con i disposti di legge in materia, oggi vengono denunciate penalmente e costrette ad adempimenti perlopiù inutili ed al pagamento di gabelle all’autorità di turno. Cosa ci sia di diverso tra uno scarico di barbiere e quello domestico, tra un panificio artigianale e la cucina domestica o di un ristorante è da chiedere a chi propone tali distingui autorizzativi. Forse le quantità degli inquinanti? Allora andavano individuati dei limiti.
La DGRC 1350 è stata annullata dal TAR anche se si continua a farne riferimento in qualche disciplinare di società incaricate temporaneamente per la materia.
Si può essere anche in disaccordo con quanto su riportato, è solo la mia interpretazione, si accettano critiche costruttive.

                                                  Bruno Serpieri


 

Nota del 2004 inviata a chiarimento:
 
Ai Sindaci dei Comuni dell’ASL NA4
    Ai Responsabili UOPC ASL NA4
 
 
oggetto:chiarimenti sulle modalità applicative D.lgs 152/99
 
Di frequente giungono al SISP copie di provvedimenti comunali, verbali e/o checklist di personale ispettivo ASL che ingenerano non poche perplessità sulla corretta applicazione del D.lgs 152/99 .
L’art.2 co.1 del succitato decreto dà la definizione delle acque reflue, come di seguito riportato:
·  Acque reflue domestiche: qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi, derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
· Acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.
 
Data la diversità, sancita dal decreto, delle acque reflue industriali dalle acque domestiche, si evince che si considerano tali solamente quelle provenienti dal ciclo produttivo, per cui quelle provenienti da servizi igienici, cucine e/o mense, anche se inserite in attività commerciali, artigianali o industriali, devono essere considerate a tutti gli effetti acque reflue domestiche.
Il concetto di assimilabilità alle acque reflue domestiche si applica alle acque reflue industriali (provenienti esclusivamente dal ciclo produttivo) facendo riferimento all’art.28 co.7 che recita: “ salva diversa normativa regionale, sono assimilate alle acque reflue domestiche quelle che presentano caratteristiche qualitative equivalenti” Quindi per poter essere considerate assimilabili a quelle domestiche, le acque reflue devono soddisfare due condizioni:
1. avere caratteristiche qualitative equivalenti alle domestiche
2. essere individuate dalla regione
In mancanza della classificazione ed individuazione regionale, le acque reflue provenienti da cicli produttivi, anche se con caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche, non possono essere considerate tali, per cui devono seguire l’iter delle acque reflue industriali (es. lavanderie). In attesa della specifica normativa regionale non si potrà applicare il concetto di assimilabilità per cui le acque reflue saranno considerate solamente di due categorie:
· acque reflue domestiche: quelle provenienti da servizi igienici, cucine e/o mense sia di insediamenti di tipo residenziale e di attività di servizi (Alberghi, Pensioni, Ristoranti, Scuole, Case di riposo, Ospedali, Case di cura e Strutture sanitarie simili) che di insediamenti commerciali, artigianali ed industriali;
· acque reflue industriali: quelle provenienti da cicli produttivi di lavorazione.
 
Pertanto non necessitano di autorizzazione le acque reflue domestiche che recapitano in rete fognaria o vasca a tenuta (come rifiuto liquido) mentre, se recapitano sul suolo o in acqua superficiale, occorre l’autorizzazione rilasciata dalla Provincia ( art.45 co.6).  
Ai fini di un necessario ulteriore chiarimento in proposito si evidenzia che in tema di tutela delle acque dall’inquinamento, l’interruzione funzionale del nesso di collegamento diretto fra la fonte di produzione del liquame ed il corpo recettore determina la trasformazione del liquame di scarico in ordinario rifiuto liquido, con la conseguente inapplicabilità delle disposizioni del Dlgs 152/99, ed il necessario rispetto delle previsioni del Dlgs 22/97 (fattispecie nella quale i liquami provenienti dall’attività di espurgo di pozzi neri venivano trasportati in un sito esterno di trattamento – Corte di Cassazione Penale Sez.III, del 24/02/2003 sentenza n.08758).  
Per quanto sopra si evidenziano i seguenti casi:
 
1) Scarichi civili, intendendosi come tali quelli provenienti da civili abitazioni e quelli provenienti dai servizi igienici delle attività industriali ed artigianali:
 
- A) tali scarichi, se con recapito in fogna comunale e provenienti da sedi produttive munite di regolare concessione edilizia, si intendono autorizzati in sede di concessione, infatti, “D.lgs152 art. 33 : “gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato.” Sono da considerarsi acque reflue domestiche quelle provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da attività di servizi derivanti prevalentemente da metabolismo umano e da attività domestiche per cui vanno ricomprese quelle di servizi igienici, cucine, mense, scaricate da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni o servizi . Restano i consolidati indirizzi forniti dalla Corte di Cassazione sezione III per alcune imprese di servizi, quali ad esempio gli autolavaggi ed i mattatoi, per i quali è stato ribadito il carattere “produttivo” di tali scarichi. - B) se con recapito in vasca a tenuta sono da considerarsi rifiuti liquidi e quindi smaltiti come tali.
 
2) Scarichi industriali, intendendosi come tali quelli provenienti dal ciclo di lavorazione sia direttamente che indirettamente ad es. per una tipografia sia i residui di inchiostro provenienti dalle macchine tipografiche, che le acque di lavaggio dei locali ove tali macchine sono installate (fattispecie relativa a scarico proveniente da lavaggio dei macchinari di una officina tipo-litografica, reato sanzionato dall’art.59, 1° comma Dlgs 152/99 – Cassazione Penale sez.III, 19/12/2002 ud.42932 del 24/10/2002) :  
- A) se con recapito in fogna dinamica o in corpo idrico, o sul suolo e sottosuolo, autorizzazione, a seconda dei casi, comunale, provinciale, ecc. , previa depurazione se necessaria e/o prevista per il rispetto dei valori tabellari con punto di controllo/prelievo subito a monte del punto di emissione.
 
- B) Se con recapito in vasca a tenuta sono da considerarsi rifiuti speciali liquidi e, a seconda dell’attività, distinti anche in tossici e nocivi. Questi rifiuti liquidi devono essere smaltiti, secondo la codifica CER, con le modalità previste ai sensi del D.lgs 22/97. E’ necessario controllare le quantità annue conferite a ditta autorizzata e secondo l’attività svolta dall’impresa.  
 
 

venerdì 28 gennaio 2011

Congratulazioni

Bentornato Dr. Morra Giovanni
un augurio sincero ed affettuoso per l'incarico meritato di DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE.
Antonio Raia

lunedì 30 marzo 2009

Un altro colpo di mano della politica

A volte, quando si parla tra colleghi, e si deve parlare di qualche argomento, ci sta un amatissimo e fraterno collega che incomincia a parlare e a ricordare cose del passato e io ironicamente dico ” chist’ mò part dall’Argentina p’à rrivà cà. Forse, questo è il momento che anch’io parto dall’Argentina:
negli anni 80, con la riforma sanitaria furono istituite le U.S.L. e queste, venivano gestite dai comitati di gestione con a capo il presidente. Nel susseguirsi degli anni, il legislatore, forse si accorse che i conti delle U.S.L. andavano a rotoli e quindi decise che le USL passassero Aziende (ASL) e che le stesse, dovevano essere gestite come vere aziende da manager (con la chiusura del bilancio annuale in positivo o viceversa in negativo; in tal modo aveva fallito la sua gestione) e che questi dovevano essere al di fuori da ogni colore politico. Ma ahimè, questi si sono rivelati più politici di quelli che lo fanno per mestiere. Quindi, partendo anch’io dal passato sono arrivato ai giorni nostri e nella ASL NA4 succede che la dirigente aziendale, per colmare i buchi aperti dalla mala gestione, ha pensato bene di tagliare i fondi destinati ai dipendenti facendo bella figura con l’Assessore alla Sanità della Regione Campania (forse pensava che il buon Governatore gli confermava la dirigenza dell’accorpamento delle ASL NA4 e NA5). In effetti, in questi passaggi, tra USL e ASL, ci sono stati vari cambiamenti come l’aumento del numero dei distretti e successivamente la diminuzione dei distretti riportandoli come erano nelle USL; ancora una volta, il legislatore ha pensato bene di cambiare la tipologia del territorio delle ASL portandole dalle attuali 5 a 3 per Napoli e provincia. Diminuendo le ASL, si è avuto il passaggio dei comuni di Acerra e Casalnuovo nell’ASL.NA2 e contemporaneamente hanno cambiato la tipologia del distretto 76 staccando S.Anastasia e Somma Vesuviana (chissà per quale interesse politico) portando S.Anastasia con il Comune di Pomigliano d’Arco e Somma Vesuviana con i Comuni di Marigliano, Mariglianella, Brusciano, Castello di Cisterna e San Vitaliano in sostituzione di Pomigliano d’Arco non facendo altro che allargare il potere politico della zona. Chi ha effettuato questo cambiamento, non ha tenuto conto che per tutta la zona vesuviana partendo da Cercola fino ai comuni di Terzigno e limitrofi, Somma è il Comune con più abitanti e di facile collocamento con i comuni della fascia vesuviana; quindi a questo punto, ancora una volta, si deve pensare che gli interessi della politica prevalgono sulle esigenze dei cittadini creando enormi difficoltà logistiche. Allora, non dobbiamo far altro che rammaricarci per l’assenza di un politico nella nostra zona perché non siamo stati capaci di eleggere un rappresentante capace di rappresentarci al momento opportuno. Forse tutto questo un tempo non accadeva anche perché seppur a livello locale a Somma esisteva politicamente un uomo con le ….. nella persona del Commendatore Francesco de Siervo.
Alla fine, permane ancora un dubbio: le U.O.P.C. seguiranno i nuovi distretti o restano così come sono adesso? (secondo me, il tutto può dipendere dalla volontà politica?)
Inutile dire ai posteri l’ardua sentenza.
Antonio Raia

mercoledì 14 maggio 2008

Si ha solo voglia di leggere.

Noto con piacere, (anche se in ritardo), che c’è stato un commento sul tormentone delle tabelle ACI. Ringrazio i colleghi della UOPC 79 ma con rammarico, noto che su circa 700 aperture del sito AGORASL NA4 e 11 UOPC senza ombra di dubbio, sembra un po’ poco per commentare questo argomento TANTO LAMENTATO DA TUTTI. Invece, i colleghi della Medicina del Lavoro, hanno pensato bene di mettere tutti a conoscenza tramite il quotidiano IL MATTINO del problema (indennità chilometriche e indennità di strumenti), di mettere a riposo le loro autovetture e intervenendo solo sullo stretto necessario con auto di servizio. CONGRATULAZIONI !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!.
Pertanto, invito tutti gli interessati (all’indennità chilometriche e indennità di strumenti), almeno una volta ad essere tutti uniti (anche se sulla carta siamo tutti sparpagliati un enorme vantaggio per il Servizio Dipartimentale e molti pensano solo ai loro interessi) per prendere decisioni sull’argomento. A riguardo, è stato pubblicato sulla piazza indennità mensile chilometrica e nell’Arena ricorso appello contro U.S.L. 15 della Regione Marche sull’indennità di strumenti.
LEGGETELI E COMMENTATELI.
Antonio Raia

giovedì 3 aprile 2008


L’ASL Napoli 4, attraverso il Dipartimento di Prevenzione e le sue articolazioni periferiche, le Unità Operative di Prevenzione Collettiva (UU.OO.P.C.), monitora costantemente i parametri di potabilità delle acque destinate alla popolazione dei 35 Comuni afferenti.
Quindi non vi è dubbio che i parametri di legge (fluoro derogato nella Regione Campania), alla distribuzione, ai sensi del Dlgs 31/01 sono rispettati (statistiche 2003).
Anche se si rispettano i limiti previsti dalla normativa, l’acqua proveniente dai pozzi di riserva, distribuita in alcuni comuni, risulta essere di qualità scadente soprattutto per la presenza di fluoro e nitrati spesso su valori ai limiti.
C’è da aggiungere che tali pozzi per valori di tricloroetilene e/o tetracloroetilene, sono già individuabili, ai sensi del DM 471/99, come siti da bonificare. Sembrerebbe una palese contraddizione tra le due leggi ma così non è. I valori ammessi dal legislatore per le bonifiche, devono necessariamente essere più bassi, proprio per intervenire prima che sia troppo tardi!!
Il problema è a monte. La Gori, ex Acquedotto Vesuviano, supplisce alla scarsezza di acqua proveniente dalle sorgenti, ricorrendo all’utilizzo dei pozzi presenti in diversi comuni, soprattutto vesuviani. Tale acqua è ricca di fluoro e di nitrati (ambedue i parametri superano abbondantemente i limiti di legge alla captazione). Quindi si rende necessario miscelarla con acqua di altra provenienza, povera di fluoro e nitrati.
Ma allora l’acqua è potabile? Sicuramente, per quanto sopra, si! … ma attenzione ai neonati e agli anziani. Infatti un eccesso di fluoro e nitrati è fortemente sconsigliato in tali classi d’età.
D’altronde per le acque minerali, il fluoro può raggiungere valori molto più elevati di quelli previsti dalla Dlgs 31/01. Perchè?
Le acque minerali (vedi il teatro) sono considerate “terapeutiche” e come tali finalizzate a correggere anche le carenze di fluoro. Un tempo, non molto lontano, venivano prescritti farmaci, gomme da masticare e dentifrici a base di fluoro!
Ricordo infine che esiste un progetto, da molti anni, il cosiddetto “Sistema Alto” della Regione Campania per risolvere il problema dei pozzi, …… ma quando??

04/04/2008 Bruno Serpieri

venerdì 28 marzo 2008




A tutti gli interessati!


Prego voler inviare i testi di legge che si intendono pubblicare nel Teatro con intestazione completa anche dell'anno. es. Decreto Legislativo 152/2006.doc o .pdf ecc.


grazie